LA STORIA DELLA CELLA DI CIARDO

Nel cuore dell’indaffarato mercato di San Lorenzo a Firenze, al numero 33 di Via Sant’Antonino, è affissa una targa marmorea recante la scritta CANTO DELLA CELLA DI CIARDO.

La targa all'angolo di Via Sant'Antonino

La targa all’angolo di Via Sant’Antonino

Come tutti i fiorentini sanno bene, la parola canto messa in relazione ad una strada significa angolo e nel centro storico della città troviamo il Canto della Pace nel quartiere di Sant’Ambrogio, il Canto dei Diavoli in Via Strozzi e il Canto dei Bischeri in Piazza Duomo, solo per citarne alcuni.
In questi incroci di strade, nella Firenze medievale, bottegai e artigiani, il cosidetto “popolo minuto”, si radunavano per cantare e raccontare storie e leggende della tradizione popolare.

Il CANTO DELLA CELLA DI CIARDO è dunque l’angolo tra Via Sant’Antonino e Via dell’Ariento, dove sorgeva la cella, ovvero la taverna, di Ciardo Torrigiani. A tal proposito Marcello Vannucci in ‘Le grandi famiglie di Firenze’: “i Torrigiani fecero i vinai, gestendo una loro taverna, che era vicina alla Chiesa di San Lorenzo, verso la Via dell’Ariento. Ciardo è il Torrigiani che incomincia, siamo ai primi del Trecento, a fare fortuna”.

A quel tempo le viuzze del popoloso quartiere di San Lorenzo si chiamavano “Camaldoli” ed erano un susseguirsi di misere casupole, officine artigianali e piccole botteghe. In questo contesto la Cella di Ciardo rappresentava un luogo di svago e aggregazione, fondamentale per la vita sociale del quartiere. “L’importanza che ebbero le taverne o celle o osterie, è dimostrata anche dal fatto che suggerirono addirittura il nome a vie e piazze cittadine come ad esempio la rinomata Cella di Ciardo di Betto che si trovava in San Lorenzo all’angolo fra via dell’Ariento e via Sant’Antonino la quale dette il nome al canto, nome che conservò fino al nostro secolo. Questa denominazione di Canto alla Cella di Ciardo la si ritrova addirittura in documenti ufficiali fiorentini che vanno dal XIV secolo fino a tutto il XVIII” spiega Luciano Artusi nel libro ‘Le Arti e Mestieri di Firenze’.

Sembra che la taverna fosse costruita sul sito di un’antica basilica o chiesa. Nel libro ‘Relazioni di alcuni viaggi in varie parti della Toscana’ del 1751 di Giovanni Targioni Tozzetti leggiamo: “Alquante colonne nella cantina di un’osteria nei Camaldoli di San Lorenzo detta la Cella di Ciardo che sembra essere stata la Confessione di qualche antica basilica“.

La teoria delle origini della cella è poi confermata anche dallo scrittore Guido Carocci in ‘L’Illustratore fiorentino’, del 1911, dove scriveva: “La cella di Ciardo era costituita da una specie di grandiosa loggia sostenuta da pilastri ottagonali dove erano incisi gli stemmi del Comandatore. Prima che la casa dov’era posta venisse completamente trasformata, ricordo di aver veduto i resti di questa interessante costruzione che aveva tutti i caratteri del XIV secolo“.

In questa citazione la cella è descritta come una “grandiosa loggia sostenuta da pilastri ottagonali” e possiamo immaginare come un luogo simile potesse essere una grande attrazione per il popolo degli affollatissimi Camaldoli. I due storici teorizzano che la loggia facesse parte di una pregressa basilica e troviamo conferma di questo se guardiamo la mappa di Firenze del 1472 dove scorgiamo, nell’angolo in basso a destra fra la Chiesa di San Lorenzo e la porta Faentina, il complesso intitolato a Sant’Antonio di Vienne che comprendeva una chiesa e un monastero. Quest’ordine ospedaliero francese gestiva un ospizio per i pellegrini e un ospedale per i malati del fuoco di Sant’Antonio e i frati facevano capo a un precettore detto “Comandatore”.

I pilastri ottagonali a cui fa riferimento il Carocci sono tuttora visibili all’interno del negozio di articoli di pelle ‘I’Mago’, situato in Via dell’Ariento 35/r accanto al negozio di orologeria e gioielleria ‘La Meridiana’. Sono due eleganti colonne, parzialmente incorporate nella muratura, i cui capitelli sono decorati a fogliame, su quello della colonna di sinistra si vedono due cani che corrono e quello di destra è decorato con uno stemma, due bastoni pastorali incrociati e tre rose. Questo stemma ricondurrebbe al “Comandatore” del monastero di Sant’Antonio.

Capitello con cani

Capitello con cani

Capitello con pastorali

Capitello con pastorali

Colonna con capitello e calice, simbolo dei vinattieri

Colonna con capitello e calice, simbolo dei vinattieri

Le cantine dei due fondi non sono aperte al pubblico ma c’è evidenza di antiche volte e massicce fondamenta medioevali. Sotto ‘I’Mago’ c’è addirittura un enorme pilastro ottagonale in pietra che conferma la teoria del Carocci che la Cella di Ciardo sorgeva proprio sui resti di un’importante chiesa o basilica. Sul lato frontale della colonna di destra nel negozio di articoli di pelle è stato applicato successivamente un grande calice istoriato, insegna inconfondibile della corporazione medioevale dell’Arte dei vinattieri, di cui Ciardo, come oste, era membro.

Gli archivi storici raccontano che nel 1382 la taverna di Ciardo di Betto, discendente del primo Ciardo, fu distrutta quando l’oste cadde in disgrazia a seguito del suo coinvolgimento nella Rivolta dei Ciompi. I Ciompi erano gli operai salariati della lavorazione della lana, considerati il gradino più basso della scala sociale nel sistema corporativo medioevale delle Arti e Mestieri ed erano privi di rappresentanza politica. La Rivolta fu una vera e propria rivendicazione sindacale e i leader dei tumulti Giorgio Scali e Michele di Lando si incontravano proprio nella Cella di Ciardo, simpatizzante della loro causa. Quando i Ciompi videro respingere la loro petizione inscenarono una rivolta violenta con saccheggi, incendi e perfino omicidi. La Signoria, ovvero il governo della città, cedette alle pressioni e concesse tre nuove Arti, quella dei Ciompi, quella dei Tintori e quella dei Farsettai, tutti operai della lana, ma nonostante fossero state accolte le loro richieste fu impossibile per la Signoria governare le frange estremiste dei Ciompi che presto si trovarono senza lavoro a causa della crisi economica. Così nel 1382 la loro corporazione fu sciolta e i capi furono puniti, Giorgio Scali e Ciardo di Betto furono decapitati, Michele di Lando fu esiliato e la Cella di Ciardo fu incendiata e distrutta come si legge nella ‘Storia della Repubblica di Firenze’, 1876, di Gino Capponi:“…..andavano per la terra, avendo da prima arsa la casa d’un Ciardo vinattiere ch’era stato decollato come seguace di Giorgio Scali”.

Dopo l’incendio la Cella venne riadattata ad abitazione e dai primi documenti catastali del 1427 (Catasto istituito da Cosimo il Vecchio dei Medici) si può rintracciare il susseguirsi dei vari proprietari.

Ricercando fra gli antichi manoscritti si scopre anche una curiosità, una denuncia di proprietà di una casa e bottega da orefice di un certo Tommaso Bigordi, padre del famoso pittore Domenico detto il Ghirlandaio, “in Via dell’Ariento vicino alla Cella di Ciardo”. Via dell’Ariento già Via dell’Argento prende il suo nome dagli argentieri e dagli orefici che vi avevano le botteghe.

Nel 1536 la Cella di Ciardo riaprì come taverna con il suo antico nome ad opera del nuovo proprietario Guglielmo di Niccolò Brunetti. A metà del 1500 la taverna godeva di grande fama: era meta di allegre bevute e mangiate e d’incontri amorosi mercenari.

Risultava proprietà di Marco e Giovan Gualberto di Vieri, rigattieri, ed era affittato all’oste Gianni d’Andrea.

Statua di Michele di Lando Loggia del Porcellino

Statua di Michele di Lando Loggia del Porcellino

La Cella di Ciardo probabilmente fu ristrutturata durante il periodo 1856–1871 quando i Camaldoli di San Lorenzo furono demoliti per far spazio al nuovo Mercato Centrale. Negli anni di Firenze capitale le facciate degli edifici rimasti intatti in Via dell’Ariento, di fronte al nuovo mercato, venivano rifatte nello stile neo-classicheggiante, voluto dall’architetto incaricato dei lavori, Giuseppe Poggi.

Via Sant’Antonino 33 fu acquistato dagli attuali proprietari a metà del XX secolo ed è stato restaurato e convertito in appartamenti, al primo e secondo piano, nel 2015.

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